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19 maggio 2008
YouTube = Trasparenza
In Italia si parla di YouTube solo per gli episodi di bullismo che - sempre esistiti - ora appaiono su Internet in video e creano scalpore nelle menti dei conformisti e finti moralisti. In Inghilterra invece, dimostrandosi molto più all'avanguardia di noi - il che non è una novità -, il premier Gordon Brown usa il popolare sito di video per essere trasparente con i cittadini. Sul canale dedicato a Downing Street, ora c'è la possibilità di inviare domande al primo ministro che risponderà in video a tutti. Ah, la trasparenza, questa sconosciuta a noi dello stivale! Alessandro Rimassa
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14 maggio 2008
Secessione (dei giovani dai vecchi)
Ma io mi chiedo: Perché se Bossi (ministro del Governo attuale) parla di fucili non possiamo farlo anche noi? Perché se la Lega (il partito che maggiormente ha vinto le scorse elezioni) dice che vuole la secessione del Nord dal Sud se le cose non cambiano, non possiamo dire anche noi che vogliamo la secessione dei giovani dai vecchi se non si ripianano i sempre più profondi squilibri a svantaggio delle nuove generazioni? Perché se il Carroccio scrive sui manifesti “Roma ladrona” non possiamo anche noi scrivere “generazione dei padri ladrona”? Forse è il momento di essere meno timidi, di diventare davvero rivoluzionari. E’ un dato di fatto che in Italia tutti i patti impliciti di rapporto equo tra generazioni sono saltati. Se non secessione almeno federalismo: ognuno si paghi il proprio (debito creato e pensione). Perche' devono essere costretti i giovani (precari e malpagati) ad accollarsi anche i debiti precedenti e pagare oltre che la propria anche la pensione degli attuali ritirati dal lavoro? Bisognerà ad un certo punto dire che la misura è colma, che non si può piu' vivere in un paese che non cresce per incapacità di chi ha governato finora e che per di più scarica tutti i costi delle riforme fatte e mancate sui più giovani. Cominciamo a dire che i fucili li abbiamo. Se non cambiano le cose significa che ci sta bene così. E a me, e penso a molti come me, così non sta proprio bene. Raccogliamo allora le sottoscrizioni di chi è pronto per la rivoluzione. Per ora costruiamo una lista di nomi di chi non ne puo' piu', poi distribuiremo anche i fucili (stessa marca di quelli leghisti) se serve. Lea Isorna
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12 maggio 2008
Pagare in nero? No, perché...
Oggi ho agganciato la mia Tv al nuovo sistema condominiale. Il tecnico mi ha chiesto 50 euro. Ma, con la fattura, gli euro diventano 60, perché in più c'è l'Iva. Che io non potrò scaricare. Chiedo la fattura e gli faccio un assegno di 60 euro.. Potevo risparmiarne 10, ma...
Lui in ogni caso ne incassa 50, i 10 di Iva passano dalle mie tasche, alle sue, diretti a quelle dello Stato. Ma su quei 50 euro, pagati in nero, lui non pagherebbe le tasse. Cioè, sarebbero 50 euro puliti. Se fatturati, invece, finiscono nella dichiarazione dei redditi. Mettiamo che un tecnico Tv faccia quattro o cinque interventi al giorno di questa entità, moltiplichiamoli per 22 giorni lavorativi mensili e scopriamo che lui incasserà circa 5.000 euro al mese. Togliamo il costo del materiale, le spese e via dicendo, e calcoliamo che gli rimangano 4.000 euro al mese. Se sono in nero, finiscono tutti... sotto il materasso di casa sua. Se vengono dichiarati, ci paga i contributi pensione e, detratti questi, le tasse. Mettiamo che lavori a questo ritmo per più o meno 11 mesi: il nostro tecnico avrà un imponibile, tolte spese e contributi pensione, di circa 34.000 euro. Cioè dovrà pagare circa 9.000 euro di tasse. A lui rimarranno 25.000 euro netti, cioè circa 2.100 euro al mese. Se invece prenderà tutto in nero, quei 9.000 euro alla fine li metteranno i contribuenti onesti, graveranno cioè sulle buste paga dei lavoratori dipendenti e di chi dichiara tutto ciò che guadagna.
Ora, pagare le tasse è fondamentale regola di civiltà. Che in Italia siano alte, a fronte di servizi discutibili, è reale. Che poi si paghino contributi pensione altrettanto alti, a fronte di pensioni decisamente incerte specie per le nuove generazioni, è chiaro a tutti. Ricordarsi quindi di pretendere scontrini e fatture, è molto importante, perché può permettere di abbassare le tasse a tutti. Certo, se ci fosse la possibilità per tutti i lavoratori, anche quelli dipendenti, di detrarre le spese e quindi scaricare dalle imposte pure i lavori eseguiti in casa dai vari tecnici di lavatrice, gas, lavastoviglie, caldaia, telefono e Tv, sarebbe molto più spontaneo chiedeere la fattura e molto più facile combattere l'evcasione. Allo stesso tempo poi lo Stato deve evitare gli sprechi e tagliare le spese. E di più: sarebbe necessario pensare a una diversa forma del sistema pensionistico (specie per chi ha contratti atipici o è libero professionista), perché pensando di ricevere una pensione piuttosto bassa, è possibile che molti cerchino di evitare il pagamento dei contributi. E quindi, conseguentemente, anche quello delle imposte sul reddito. Alessandro Rimassa
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11 maggio 2008
Andare, forse tornare
Sempre più giovani lasciano l’Italia per andare a lavorare all’estero. Se ne parla in un articolo pubblicato su repubblica.it. Un fenomeno nel complesso positivo, perché significa che i giovani italiani sono disposti a mettersi in gioco, a confrontarsi con realtà diverse in un mondo sempre più globalizzato. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: molti se ne vanno anche perché delusi da un paese che investe poco su di loro e offre poche opportunità. Molti giovani che lavorano all’estero si sentono infatti traditi dall’Italia. “Se ne sono andati perché hanno visto troppe volte passargli davanti, in concorsi che meritavano di vincere, un figlio di papà o il raccomandato di turno. Questo è devastante per lo sviluppo del paese, perché in questo modo non solo non vengono messe le persone giuste al posto giusto, ma si rischia anche di perdere definitivamente gli elementi migliori”. Un segnale preoccupante quindi, che suggerisce come stiamo diventando sempre di più “un paese particolarmente versato nello sprecare risorse e talenti”. Lea Isorna
lavoro
merito
giovani
estero
| inviato da futurix il 11/5/2008 alle 17:34 | |
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9 maggio 2008
Del perché la Cina
«ITALIANE ASSENTI O IN RITARDO» - E L'AZIENDA ASSUME CINESI Mantova,
scatta la rivolta delle operaie sostituite - La nuova società ha
ingaggiato anche una decina di vecchie dipendenti: «Si sono dimostrate
capaci di tenere il ritmo delle orientali»
[fonte: Corriere della Sera, 9 maggio 2008, pag.22]
Difficile esprimersi in merito al caso particolare («Alla
Emme Esse, azienda del ramo abbigliamento con decine di negozi in
Italia, trenta operaie appartenenti a una cooperativa il 2 maggio
scorso si sono presentate al lavoro e hanno trovato al loro posto chini
sui banconi una ventina di operai cinesi»), più difficile ancora
esprimersi in merito al caso generale - punta dell'iceberg di un
problema radicato e drammaticamente irrisolto -: disoccupazione e
precarietà italiana vs boom della manodopera (non specializzata e a
basso costo) straniera. Così succede che, senza preavviso, senza
nemmeno il canonico "cartellino giallo" di ordinanza, da un giorno
all'altro ti trovi disoccupata/o perché «Quelli sono più veloci e non si ammalano mai, voi non ci servite più».
L'onda
d'urto, se un simile approccio ai processi produttivi dovesse creare
proselitismo - e lo sta già facendo, e forse lo farà in maniera sempre
più capillare -, rischierebbe di portare all'estinzione la manodopera
made in Italy proprio nel momento in cui è salita al Governo una
rappresentanza politica che, sulla carta, si propone come principale
spauracchio di tutto ciò che è "extracomunitario". Perché, ammettiamolo: è vero che molti dei posti di lavoro occupati dai proverbiali «amanti della Dolce Vita»
sono poco più (o poco meno?) che sedie riscaldate - con maggiore
incidenza tra i dirigenti che tra gli operai, peraltro -, ma è vero
anche che non bastano l'impegno, la competenza, la qualifica, la
dedizione e il merito per riuscire a reggere l'impatto di chi offre
prestazioni professionali a un costo pressoché nullo e con una
produttività costante spalmata su 12 ore al giorno. E non sarebbe
nemmeno giusto cercare di competere con requisiti del genere:
significherebbe azzerare il proprio valore sul mercato e far lievitare
i tempi e i ritmi di lavoro. Addio dignità, insomma. No, grazie.
Quindi? Quindi un po' ce la siamo cercata, ma un po' ci sta anche arrivando addosso sotto forma di vero e proprio scontro culturale. E'
uno dei temi principali che il neo-Ministro del Welfare Maurizio
Sacconi dovrà affrontare con urgenza prioritaria prima che la
situazione deflagri a macchia d'olio. Se non ci riuscirà entro il più
breve tempo possibile, proporrei di sostituire anche lui con un
Ministro cinese. In fondo, «Quelli sono più veloci e non si ammalano mai».
Antonio Incorvaia
lavoro
licenziamenti
welfare
Cina
| inviato da futurix il 9/5/2008 alle 14:30 | |
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8 maggio 2008
Abbasso i trentenni?
Ieri sera ho guardato la puntata di Porta a Porta con ospiti Marianna Madia e Pina Picerno, le due giovani del Pd. E sentendole parlare, tra frasi fatte, interruzioni, prese di posizione senza spiegazioni e un certo grado di snobbismo, mi sono chiesto se abbia senso tifare a prescindere per i trentenni, per i giovani, per le nuove generazioni. O se, a volte, non sia meglio un vecchio settantenne intelligente e capace al posto di inesperti e già strafottenti giovani. Un mio amico spesso mi critica, dicendo che il mio impegno pro nuove generazioni non ha senso, che l'impegno deve essere pro meritevoli, indipendentemente dall'età. Io però credo da tempo, e credo ancora, che serva anche un'età media più bassa nella politica. Certo che, se per abbassarla dobbiamo eleggere Madia e Picerno, allora mi tocca dar ragione al mio amico. Alessandro Rimassa
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2 maggio 2008
E se io muoio da Partigiano?
Alla luce di quelli
che sono stati i risultati raggiunti dal Governo Prodi in materia di
Lavoro, e alla luce di quelli che sono stati i risultati raggiunti
dagli ex-membri del Governo Prodi immediatamente riciclati nella nuova
tornata elettorale, assistere e/o partecipare alle consuete
manifestazioni del Primo Maggio fa sorgere più dubbi di quanto
ottimismo non sappia risolvere. Un Primo Maggio intitolato al tema
della Sicurezza, deflagrato con incidenza sconcertante proprio durante
il precedente Governo (perché prima non moriva nessuno o perché nessuno
ne rendeva conto?) e doverosa priorità di intervento per quello in
attesa di essere ufficialmente costituito.
La sensazione è che,
così come il Precariato, anche quello delle Morti Bianche sia un altro
aspetto problematico dell'attuale mondo del Lavoro che la nostra classe
dirigente non ha la sensibilità per cogliere nella sua complessità e
non ha l'onestà per affrontare in modo radicale ponendosi contro i
poteri gerarchici e gli interessi imprenditoriali dominanti. Quante
volte, negli ultimi mesi, abbiamo sentito ripetere in loop da ministri,
sindacalisti e telepolitici salottieri le parole «Basta vittime, rimbocchiamoci le maniche»? E cos'è cambiato?
Perché,
molto semplicemente, nessuno ha ancora istituito un servizio pubblico
attraverso il quale si possano denunciare (anche in forma anonima)
tutte le illegalità, i ricatti psicologici e le ritorsioni a cui si è
costretti a sottostare sul proprio posto di lavoro? Perché nessuno si
decide a potenziare e ri-regolamentare gli Ispettori del Lavoro in una
Rete capillare di controlli, creando in tal modo - tra l'altro - anche
nuove occupazioni?
E soprattutto: perché coinvolgere i
"gggiòvani" in queste riflessioni significa ancora (e soltanto)
organizzare ore e ore di concerti di cover di Bella Ciao e consimili
"canti della Resistenza"? Cosa rimane, da quando si spengono riflettori
e telecamere al 30 aprile dell'anno successivo, di Piero Pelù che
biascica "Revolution"? Per quale causa collettiva combattono ogni
giorno i Tiromancino e Irene Grandi? Sinistra e Sindacati non farebbero
meglio a dare più spazio ai "gggiòvani" e alle loro idee coinvolgendoli
in prima persona nelle proprie strategie decisionali, anziché
convogliarli in una piazza e dare loro Tricarico per fare finta di
"essere vicini alla gggénte"?
Antonio Incorvaia
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29 aprile 2008
Roma, una vittoria salutare (per tutti)
Personalmente festeggio la vittoria di Gianni Alemanno a Sindaco di Roma. O meglio, secondo uno schema caro al centro-sinistra in questi anni, festeggio la sconfitta di Francesco Rutelli. Già, perché se a sinistra si è registrato l'antiberlusconismo, oggi si può parlare di antirutellismo. Molti elettori del centro-sinistra non lo hanno votato, molti hanno scelto Zingaretti alla Provincia di Roma ma non hanno poi posto la croce sul nome di Rutelli Sindaco. Dicevo, festeggio. Non per una partigianeria politica, ma perché è la politica rutelliana che risulta vecchia, errata, incapace di risolvere i problemi e anzi capace solo di cercare di accontentare tutti senza riuscirci con nessuno. Rutelli è il simbolo, così come Romano Prodi, del residuo di politica democristiana presente in Italia: la vecchia politica del non fare nulla, piuttosto che scontentare qualcuno. La sua sconfitta, quindi, è da festeggiare non tanto perché l'Italia va a destra, come scrive erroneamente Repubblica. Ma perché gli italiani si sono stufati dei salotti, degli snob, della politica sofisticata e lontano dai loro reali bisogni. Ora il Partito Democratico, se vuole davvero progredire e avvicinarsi ai cittadini, si disfi di Rutelli e compagnia. E promuova personaggi come Massimo Cacciari, il Sindaco di Venezia che, non solo oggi ma già da anni, si dimostra molto più avanti di tanti vecchi politicanti che, con il Pd, hanno semplicemente indossato un vestito nuovo. Ma gli abiti, si sa, non cancellano la puzza di vecchio. Alessandro Rimassa
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24 aprile 2008
Degiovanimento uber alles
Ancora una volta, la scuola italiana finisce in prima pagina per motivi davvero poco scolastici. La tentazione di parlarne è tanta, ma non lo farò. Preferisco raccontare quello che sta succedendo in Germania (Il Sole - 24 Ore del 24 aprile, p. 11). Il dibattito è duplice e sembra quasi incredibile alla luce dei fatti italiani. Sentite qui. Da una parte si discute di innalzamento dell'età pensionabile, che dal 2012 salirà da 65 a 67 anni. Tra l'altro, qualcuno (Bundesbank) chiede già che questa sia ulteriormente alzata a 68 (e mezzo: solita precisione tedesca...). Dall'altra, la Merkel propone di aumentare tutte le pensioni e l'ala sinistra del governo di intervenire in particolare sulle minime. Vi lascio col commento di Roman Herzog, ex presidente della Repubblica: "Temo che stiamo assistendo ai primi segnali di una democrazia dei pensionati. Il numero degli anziani sta aumentando e tutti i partiti stanno dimostrando nei loro confronti un'attenzione sproporzionata. Il risultato potrebbe essere una situazione in cui i vecchi sfruttano i giovani". Paolo Balduzzi
pensioni
anziani
germania
| inviato da futurix il 24/4/2008 alle 11:38 | |
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19 aprile 2008
Il mea culpa di Ferrara e...
Giuliano Ferrara, su Panorama, fa mea culpa e ammette la pesantissima sconfitta elettorale della sua lista Aborto? No grazie. Dice di aver capito che "in Italia l'aborto è considerato un diritto sociale, come la pensione". E via così...
Prima considerazione: poteva arrivarci prima. E lo dice lui stesso che, in effetti, era scioccamente convinto del contrario.
Seconda considerazione: che piacere vedere chi ammette il proprio fallimento.
Terza considerazione: come mai Sinistra Arcobaleno, Partito Socialista, La Destra e tutti quegli inutilissimi mini partiti che hanno presentato un proprio candidato premier non fanno lo stesso mea culpa? Perché si nascondono, invece, dietro scuse, leggi elettorali, pensieri da salotto?
Quarta considerazione: perché i giornali di sinistra non fanno lo stesso mea culpa, Liberazione e Unità in testa? Ma non solo: perché Repubblica e il Partito Democratico non ammettono di non aver capito la società italiana e di averla invece interpretata (il partito) e raccontata (il giornale) in una maniera che non corrisponde alla realtà dei fatti?
Ah, com'è difficile dire: "Scusate, ho sbagliato". Ma come sarebbe saggio, intelligente, responsabile, democratico, civile e maturo farlo. Alessandro Rimassa
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